Nuovi lockdown locali e guerra in Ucraina accentuano i rischi nei rapporti commerciali con la Repubblica Popolare Cinese. Di seguito le raccomandazioni ed i nuovi strumenti di Invenium per agevolare aziende ed esportatori nella gestione dei propri crediti export.
Se già nel corso del 2021 l’economia cinese aveva mostrato segni di stress, nei primi mesi del 2022 la situazione si è ulteriormente deteriorata: l’export cinese nel periodo gennaio-febbraio ha visto una crescita del 16,3% e l’import del 15,5% in comparazione allo stesso periodo del 2021, in netto calo, tuttavia, in confronto alla crescita rispettivamente del 20,9% e del 19,5% sperimentate a dicembre 2021[1].
A marzo 2022 i nuovi lockdown dettati dalla politica “zero-Covid”, estesi in sempre più città, da Shangai a Shenzen e all’intera provincia del Jilin, coinvolgendo decine di milioni di cittadini, hanno causato un rallentamento della produzione industriale superiore alle stime di mercato, con il Pmi manufatturiero sceso a quota 49,5 in confronto al 50,2 del mese precedente; nello stesso mese il Pmi servizi ha subito un calo ancor più marcato, toccando quota 48,4 dal 51,6 di gennaio 2022[2].
Dopo la crisi del gruppo Evergrande, seconda azienda di sviluppo immobiliare in Cina, il rischio insolvenza degli operatori del settore immobiliare ha causato un brusco freno all’apertura di nuove linee di credito da parte delle banche nazionali, costringendo i primi ad indebitarsi sui mercati esteri a tassi di interesse esorbitanti (lo spread tra le obbligazioni high-yield nel mercato estero ed i titoli di stato cinesi ha raggiunto i 3000 punti base, livello che non si vedeva dalla crisi finanziaria del 2008).
Le criticità dovute all’elevata dipendenza dai capitali esteri si sono evidenziate ulteriormente a seguito della mancata condanna dell’invasione russa in Ucraina: già a febbraio 2022 il tasso di vendita dei titoli di stato cinesi da parte degli investitori esteri è raddoppiato rispetto al mese precedente[4].
Mentre gli USA minacciato nuovi dazi commerciali ed il delisting di oltre 200 società cinesi da Wall Street, anche i rapporti con l’UE (primo partner commerciale cinese) si vanno via via raffreddando: nuova via della seta e Comprehensive Agreement on Investment (CAI), che doveva essere il più ambizioso accordo concluso dalla Cina per aprire il suo mercato interno alle imprese europee, sembrano definitivamente accantonati
Ciò nonostante, la crescita del PIL cinese nel 2022 è prevista al 5,5%; il Premier Li Kequiang nella conferenza stampa di chiusura alla sessione annuale di lavori dell’Assemblea nazionale del popolo ha promesso rilevanti politiche macroeconomiche per il sostegno all’economia, con relativa creazione di 11 milioni di nuovi posti di lavoro.[6]
Dunque, il quadro complessivo fa ben sperare per la tenuta del sistema Paese e rende più concrete le possibilità di credit recovery degli esportatori, soprattutto se supportatati da operatori esperti come Invenium.

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[1]Si veda China’s export growth slows, Ukraine crisis poses risk | Reuters
[2]Si veda Il Pmi cinese cade. Petrolio sotto stress con il maggior piano Usa di rilascio degli ultimi 50 anni – MilanoFinanza.it
[4]Si veda China is less likely to back Russia while facing troubles of its own | Financial Times (ft.com)
[6]Si veda Cina, obiettivo Pil 2022 è crescita 5,5 per cento (askanews.it)



