Il recupero crediti in Asia e Africa

Invenium è in grado di garantire un servizio di recupero crediti estero in via stragiudiziale

L’arrivo della pandemia di covid-19 in Africa non ha colto di sorpresa i leader del continente.
Molti hanno adottato tempestivamente, già verso la metà di marzo, misure di distanziamento sociale e limitazione dei contagi simili a quelle introdotte dalla Cina e dall’Italia. Ma da subito è suonato un campanello d’allarme: quelle soluzioni (isolamento a casa, chiusura delle scuole e delle frontiere, stop dei mezzi di trasporto collettivi) mal si applicano al contesto africano, dove milioni di persone vivono in baraccopoli.

L’emergenza Coronavirus sta quindi riportando in primo piano l’urgenza e la necessità della lotta alla povertà.

Anche senza la pandemia, l’Africa sub-sahariana resta la regione al mondo dove vivono più persone costrette a sopravvivere con meno di 1,90 dollari al giorno.

I progressi compiuti negli ultimi decenni, così come l’idea di un “decollo africano“, rischiano di essere spazzati via dal virus, in un momento in cui anche i paesi più ricchi saranno impegnati a rimediare ai danni causati dalla pandemia.

Secondo un’analisi della Banca mondiale, l’economia dell’Africa subsahariana rischia una recessione per la prima volta in 25 anni, per non parlare dei danni causati da una grave crisi alimentare innescata da un possibile calo della produzione agricola, in una misura compresa tra il 2,6 e il 7 per cento, a causa delle restrizioni al commercio.

A sostegno delle imprese esportatrici, colpite dalle difficoltà economiche connesse all’emergenza sanitaria da COVID-19, Invenium ha deciso di favorire i propri clienti ma anche tutte le piccole e medie imprese in difficoltà.

E’ stato realizzato un “emergency plan” a supporto delle PMI italiane

Grazie ai processi di urbanizzazione che stanno avvenendo in Africa Sub-sahariana e in Asia, l’export in queste due aree è destinato a crescere.

Il Rapporto Export 2019 di Sace- Simet, il polo per l’export e l’internazionalizzazione del gruppo Cassa depositi e prestiti, ha identificato un paniere di Paesi ad alto potenziale che comprende:

  • Nigeria
  • Ghana
  • Senegal
  • Tanzania
  • Kenya
  • Cina
  • Indonesia
  • Filippine
  • Vietnam
  • India

Per i Paesi africani, l’export italiano potrebbe raggiungere nel 2022 quota 1,9 miliardi, con una crescita media annua del 5,8%.

L’Africa sub sahariana rappresenta (per ora)appena l’1,2% delle esportazioni italiane ma è destinata a diventare un mercato di destinazione sempre più strategico.

Nel 2018 le imprese del made in Italy hanno esportato nell’area 5,46 miliardi rispetto ai 5,08 del 2017.

Il 2019 è iniziato con una crescita del 6,2% da gennaio a maggio rispetto a un anno prima.

A fare da traino sono stati soprattutto i macchinari e le attrezzature, i prodotti derivanti dalla lavorazione del petrolio e l’alimentare.

In un periodo storico di guerre e di dazi, dopo due anni di negoziati serrati, è stato sancito l’avvio operativo dell’African Continental Free Trade Area (AfCtfa), l’accordo continentale africano di libero scambio.

Si tratta di un mercato enorme. Gli scambi tra Paesi africani rappresentano soltanto il 17% degli scambi totali del Continente.

Un dato imbarazzante se paragonato al volume intra-asiatico (60%) ancora di più rispetto a quello intra-europeo (70%).

Se tutto dovesse andare come previsto, il peso del commercio intra-africano sugli scambi commerciali totali del continente potrebbe aumentare del 52% rispetto alle proiezioni per il 2022.

L’AfCfta prevede la creazione di un’unione doganale con libero movimento di beni e capitali.
Sarebbe il mercato più grande al mondo, considerando il numero di Stati coinvolti.

L’economia dell’Africa sub-sahariana continua a correre, tranne che per le due prime economie del Continente, Nigeria e Sudafrica.

Il discorso vale soprattutto per la Nigeria. Nel secondo trimestre, infatti, il Paese ha realizzato un + 0,9% rispetto allo stesso periodo del 2018.

Rispetto invece al primo trimestre, quando c’è stata una contrazione del 3,1% la crescita è stata del 3,1% più di quanto avevano stimato diversi analisti.

Dopo 14 anni di crescita impetuosa (una media annua del 7%) dal 2000 al 2014, nel 2016 il Paese è scivolato nella recessione, per poi uscirne l’anno seguente.

Gli sforzi del Governo di far ripartire la locomotiva africana sono però stati disordinati, insufficienti e ancora una volta intralciati dalla pervasiva corruzione.

Quanto al blocco asiatico, invece, le esportazioni delle aziende della penisola potrebbero addirittura toccare i 226,7 miliardi con un ritmo di progressione annuo, da qui al 2022, del 7,1%.

A fare da traino saranno anche e soprattutto i processi di urbanizzazione. Esiste infatti una correlazione positiva tra livello di export e tasso di urbanizzazione.

In diversi Paesi africani e asiatici, l’incremento della popolazione urbana negli ultimi decenni è stato accompagnato da un intensificarsi degli scambi commerciali con l’estero.

L’urbanizzazione ha un forte impatto positivo sull’export e quest’ultimo incide, a sua volta, sull’andamento della prima.

Un aumento di un punto percentuale nel tasso di urbanizzazione porta a una crescita dell’export del 2,9% e dell’import dell’1,9%.

Il traino della domanda delle città diventa così un fattore imprescindibile per capire dove si presenteranno le maggiori opportunità per gli esportatori italiani.

Se si guarda al tasso di urbanizzazione, gli incrementi più significativi si registreranno in Asia e in Africa.

Il numero di potenziali consumatori, i livelli di import e il rapido sviluppo di alcune città a tassi superiori alla media nazionale, continuano a porre queste due destinazioni in cima alla lista delle opportunità per il Made in Italy.

Allo stesso tempo, crescono insolvenze e ritardi di pagamento delle fatture.

Lo conferma il sondaggio dell’ultima edizione del Barometro Atradius dei comportamenti di pagamento tra aziende.

Il valore delle vendite a credito sul totale delle transazioni commerciali tra imprese passa dal 48,1% del 2018 al 55,5% del 2019.

In generale, in Asia Pacifico, il 30% del valore totale delle fatture emesse viene pagato in ritardo.

Un valore che raggiunge il 40% in India e il minimo (13,2%) in Giappone.

Valutano la solvibilità dell’acquirente il 53% delle aziende di Singapore e il 51% di quelle cinesi.

La costituzione di riserve contro i cattivi pagatori, nel caso i crediti si trasformino in inesigibili, viene fatta dal 41% delle aziende intervistate a Taiwan e in Indonesia, a fronte del 33% registrato a livello regionale.

Il 41% delle aziende intervistate in Asia Pacifico ha dovuto a sua volta ritardare il pagamento delle fatture ai propri fornitori, soprattutto in India (51%) e Indonesia (46%).

Infine, il 31% delle aziende intervistate in Asia Pacifico prevede un peggioramento dei comportamenti di pagamento e un aumento delle fatture scadute da oltre 90 giorni.

Negli ultimi decenni il ricorso alle tecniche alternative di risoluzione delle controversie come per esempio l’ADR (Alternative Dispute Resolution) sta vivendo una fase di forte impiego, rispetto al classico ricorso alla giustizia ordinaria.

In vantaggi del recupero crediti stragiudiziale sono:

  • velocità
  • efficacia
  • costi inferiori

Per le imprese, l’ADR può anche costituire uno strumento per mantenere la reputazione commerciale e la fiducia dei clienti, oltre a offrire il vantaggio di un approccio mirato per il recupero crediti all’estero e su misura delle singole controversie.

A livello internazionale si sottolinea che tale sistema va gestito solo da legali specializzati ed in grado di offrire un presidio diretto alla controversia.

Invenium, è in grado di garantire un servizio di recupero crediti estero in via stragiudiziale con il supporto dei più qualificati professionisti.

Per maggiori informazioni e per parlare con un esperto contattaci.

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